Brexit, scontro finale
Settimana cruciale per il brexit deal. Come atteso, assistiamo all’ultima fiammata, l’ultimo attacco all’arma bianca per cercare di ottenere il massimo dall’accordo. L’UE minacciando chiaramente di non chiudere l’accordo e la Gran Bretagna fingendo che con un no-deal vivranno felici e contenti, come non mai. I punti di attrito sono la pesca e gli aiuti di stato. Il primo tema e’ stato molto usato dai populisti inglesi per stimolare il nazionalismo nell’elettorato. Tuttavia, sostanzialmente non e’ un problema significativo e le cose rimarranno non molto differenti da come sono state negli scorsi secoli. Il secondo e’ invece più delicato. Nonostante la drammatizzazione del confronto durante il week end, crediamo che una soluzione dell’ultimo minuto verrà trovata, se non questa settimana dai 2 team capitanati da Barnier e Frost, entro fine mese dai loro capi, Boris Johnson e Ursula Von Der Leyen (leggesi Merkel). Nonostante le allarmanti dichiarazioni di questi giorni circa l’alta probabilità di un no-deal, il mercato non ci crede e la sterlina rimane a 0,90 vs euro. Abbiamo imparato a nostre spese che intorno alla Brexit tutto può sempre avvenire, tuttavia reiteriamo la nostra fiducia che il buon senso alla fine prevarra’, quindi un deal verra’ chiuso e la sterlina si dovrebbe rafforzare sotto 0,85. Un non-deal porterebbe tensioni, volatilita’ e probabilmente la sterlina alla parita’.
Rumori
Venerdì i consueti dati mensili sul mercato del lavoro americano sono stati buoni (sebbene un po’ enfatizzati dall’aumento dei posti sty;”atali legati al censimento). A conferma della tenuta del trend anche in un contesto epidemico americano ancora difficile. Infatti, settimana abbastanza statica in termini di nuove infezioni covid, con gli USA che scendono ancora un pochino (media a 7gg 42700 vs 42400 la settimana precedente). Continua a migliorare significativamente la Spagna (3k vs 7k) mentre peggiorano la Francia (6,5k vs 5k), Uk e Olanda. Italia, Germania, Belgio e Olanda stabili su livelli modesti. Sul fronte vaccino niente di nuovo. Aspettiamo in ogni momento i dati da AstraZeneca che possono aprire la porta alla registrazione e all’inizio delle vaccinazioni dei soggetti più esposti. In settimana sono usciti i dati sul PIL indiano del secondo trimestre, profondamente scosso dal lockdown. In India, come negli altri paesi emergenti, la strategia anti Covid ha subito una completa rivisitazione, in considerazione del fatto che i danni legati al lockdown sono maggiori dell’epidemia stessa. Questo restituisce un po’ di dignita’ alle scelte impopolari di Bolsonaro legate alla gestione del Covid. Intanto la Svizzera annuncia che da ottobre rilassera’ le regole sugli assembramenti, levando il divieto per gli eventi con oltre 1000 persone, aprendo la strada a concerti e spettacoli. In Cina spariscono dai concerti le maschere e ci si limita a controllare la temperatura all’entrata. In silenzio aumentano leggermente voli e passeggeri, con un graduale ritorno verso la ancora lontana normalita’. Qualche modulo da compilare, temperature da prendere, maschere e, in definitiva, una mezz’ora persa rispetto a prima. Niente di drammatico. Riaprono le scuole.
Molto positivo il dettaglio del pacchetto fiscale francese da 100 bln euro annunciato giovedi’, che dovrebbe aiutare il paese che vanta uno dei mercati che presentano piu’ opportunita’ (value) al mondo, e con ripercussioni positive su tutta l’Europa. Investimenti e produttivita’ al centro del pacchetto che non appesantisce il carico fiscale (differentemente da quanto sembra voler fare la Gran Bretagna) e portera’ la Francia a superare il 120% di rapporto debito/PIL. Questo e’ in linea con quanto richiesto recentemente da Draghi: a fronte di nuovi debiti, la ricerca di maggiore produttivita’. Il pacchetto di 130 bln euro della Germania (sempre colossale ma proporzionalmente piu’ piccolo di quello della Francia) punta piu’ sui consumi, elemento questo che in Germania e’ quanto mai necessario stimolare.
In settimana viene annunciata la probabile fusione tra le banche spagnole La Caixa e Bankia, operazione che creerà la prima banca domestica del paese. Dopo la bolla del 2005-2007 del settore bancario e la grande crisi successiva, le banche spagnole si sono ridotte da 55 a 12. Nonostante questo, tassi negativi, maggiori requisiti di capitale e erosione delle commissioni bancarie portano alla necessità di maggiori economie di scala. Ci aspettiamo numerose ulteriori aggregazioni, sia domestiche che in ambito EU. Queste aggregazioni porteranno a maggiore efficienza, redditività e solidità degli istituti, con un aumento considerevole della capacità di supportare l’economia in modo anti-ciclico e di investire nella digitalizzazione. Ricordiamo che nonostante i tassi negativi le banche europee hanno già una redditività media normalizzata (ex-Covid) tra il 4% e il 11% di ROTE. Nonostante questo, trattano tra 0,2x e 0,5x il tbv. Il settore inoltre ha un surplus di capitale secondo la BCE di circa 480bln euro circa, superiore alla sua capitalizzazione in borsa. Questo e’ chiaramente eccessivo. Ci aspettiamo che appena il mercato giudicherà gli accantonamenti per il covid sufficienti il settore possa cambiare faccia, iniziando un trend che lo può portare nei prossimi 18/24 mesi a divenire uno dei maggiori pagatori di dividendi nonché a raddoppiare di valore.
Notizie positive per i telco? Vendi
Lato telefonici europei registriamo una certa debolezza del settore che segna nuovi minimi post-covid, nonostante il newsflow supportivo della settimana: accordo di TI per far entrare KKR nella società che gestisce l’ultimo miglio e avviamento rete unica, rumori di bid su BT, recupero del real brasiliano (per Telefonica), possibile soluzione dell’impasse fiscale in India (per Vodafone), pacchetto fiscale francese (per Orange). Unico telefonico che performa bene Deutsche Telecom, grazie alle buone performance della controllata T-mobile in Usa e l’upgrade di JP Morgan. Analizzando gli ultimi 2 anni abbiamo visto la graduale quotazione e valorizzazione dell’infrastruttura (e i telefonici mantengono il controllo di buona parte di questa) e l’ammordibimento del regolatore europeo, recentemente umiliato da due sentenze della corte europea che annullavano il suo veto su due fusioni di telefonici in realta’ sovraffollate (UK e Danimarca). Infatti, questo ha permesso la riduzione degli operatori in Olanda da 4 a 3, senza condizioni. Abbiamo visto anche la fusione O2 con Liberty Media in UK e il passaggio da 4 a 3 operatori in Belgio. Fresca la notizia che il regolatore non ha posto alcun vincolo all’operazione in corso ora in Italia intorno alla rete unica. Nel 2018 e’ stato prodotto l’EECC (European Electronic Communicatio Code) che dovra’ essere tradotto in legge da ciascun stato entro il 31/12/2020. Il codice introduce il co-investimento come mezzo per aumentare la redditivita’ del settore e indica l’obiettivo centrale di stimolare gli investimenti. Tra pochi mesi ogni stato lo avra’ interpretato e trasformato in legge. Ci aspettiamo leggi attuative benigne. Ogni 6 mesi l’UE produce un documento sull’evoluzione del 5G. Nell’ultimo documento trapela un gran ottimismo, ma in realta’ l’Europa si muove molto lentamente sul 5G. Il cash flow eroso dalla competizione selvaggia e dai continui aggiustamenti tariffari viene compensato dai minori investimenti. Questo deve stimolare un maggiore sforzo del regolatore e del legislatore al fine di ovviare a questo fenomeno che pesa sulla crescita europea. In realta’, in un contesto di sovracompetizione e sotto investimenti del settore, abbiamo assistito ancora di recente ad assegnazioni di licenze 5G disordinate e prezzate irragionevolmente. L’ETNO, l’associazione del settore, ha recentemente emesso un comunicato chiedendo chiarezza e supporto per il settore, in vista della trasformazione in legge dell’EECC. Se il settore diventasse una “dumb pipe”, ovvero una infrastruttura fissa senza servizi aggiunti, l’attuale framework normativo non garantirebbe il necessario ritorno sul capitale, e quindi dovremmo aspettarci una rete sempre piu’ unica, aumenti tariffari e un rerating del settore a livelli vicino a quelli delle utilities integrate (upside oltre il 100%). Se invece, a differenza di quanto avvenuto fin’ora, il settore riuscira’ a ritagliarsi una fetta delle opportunita’ offerte dal 5G, il suo futuro potrebbe essere fulgido. Tra queste opportunita’ citiamo la possibilita’ di fornire al cliente corporate, oltre alla linea, la tecnologia per sfruttare il 5G nelle sue molteplici possibilita’. I grossi telefonici europei, consci delle opportunita’ perse negli ultimi 20 anni, hanno sviluppato divisioni tecnologiche interne per fornire tutta una serie di nuovi servizi legati alla rete 5G. Per finire, il settore telefonico europeo ha oggi una capitalizzazione ben inferiore del suo debito, un ritorno sugli investimenti insufficiente e l’incapacita’ quindi di investire in modo significativo. Come successe per i farma nel 2010, si raggiunge un punto in cui decidere se il settore deve essere pubblico o privato. Regolato o competitivo. E eventualmente gli Stati dovranno farsi carico degli investimenti del settore, eventualmente affidando a terzi la gestione dell’infrastruttura. Oppure dovra’ fare in modo che il capitale privato trovi interessante investirvi. E la cosa va risolta ora.
Bolle ancora bolle, non è finita..
Rich Harnett, capo stategista di Bank of America esce con un pezzo interessante in settimana. Fa notare come, nonostante i livelli da bolla raggiunti, il settore tecnologico non sia sovrapesato dai gestori attivi. Infatti, buona parte del rialzo e’ guidata da investitori retail e da strategie quant pro-momentum, amplificate dall’ormai enorme componente gestionale passiva sul mercato. Questo implica, secondo lo strategist, che il trend puo’ ancora continuare. Questo non lo rende tuttavia piu’ interessante, solo piu’ pericoloso.
Questa settimana ripartono le conferenze (virtuali e no) e sono diverse le societa’ che parlano e che possono darci qualche spunto sull’evoluzione del terzo trimestre.
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