Covid e trimestrali dei VIP
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La settimana borsistica e’ stata particolarmente negativa. In particolare per la parte value e per l’Europa e il Giappone, mercati meno ricchi di titoli growth. I timori legati all’aumento di nuovi casi Covid sembrano essere il maggiore catalyst. Negli USA il numero dei casi e’ stabile sui 60/70k al giorno. Mentre in Europa le cose vanno discretamente bene ma vi sono aree che vanno tenute d’occhio, in particolare la Catalogna, l’Aragona e alcune aree balcaniche. Gli aumenti sono sempre legati alle vacanze e ai giovani. Anche in Italia vi sono aree dove il numero dei nuovi casi e’ maggiore, come la godereccia Emilia Romagna, ma i livelli sono comunque molto modesti. In ogni caso la letalita’ continua ad essere estremamente bassa. Crediamo che le autorita’ europee pongano abbastanza attenzione per evitare una seconda ondata prima del vaccino. Sicuramente questi nuovi timori agiscono come un freno per la ripresa economica, che comunque continua e continuera’ ancora per molti mesi.
Tensioni anche dal lato US sull’accordo per il prolungamento del supporto per i disoccupati. I democratici vorrebbero continuare l’attuale aiuto economico mentre i conservatori vorrebbero ridurlo per stimolare il ritorno all’attivita’ lavorativa. Che si scelga una proposta o l’altra (o una via di mezzo), questo e’ comunque positivo, quindi non vediamo questa come una problematica. In settimana sono usciti una ricca serie di risultati societari. In generale confortanti ma questo non ha sostenuto il mercato, inondato da vendite pesanti e difficilmente spiegabili. I dati sui Pil del secondo trimestre sono stati orribili ma riguardano il passato e non ci dicono nulla di più di quello che non sapevano già. I risultati dei faang mancanti (Apple, Amazon, Google) sono stati buoni e hanno supportato Nasdaq e S&P500. Qui sotto una breve rilettura dei dati di Apple e Amazon e anche di due titoli value, una banca e di un telefonico. Le altre banche (tra cui Barclays, Bankia, Bcp, Natwest) e telefonici (tra cui Orange, Orange Belgium, Bt) usciti in settimana non si discostano molto da questi: in generale dati confortanti che sottolineano l’enorme sottovalutazione di questi titoli e, nonostante questo, puniti dal mercato.
Apple
Risultati buoni e venduti come eccezionali. Guardiamoli. Se guardiamo bene, vendite e utili sono (solo) 10% sopra quelli registrati 2 anni fa. Se eliminiamo l’effetto sugli utili per azione degli stock buyback, la crescita degli utili e’ tuttavia solo del 3/4% rispetto a 2 anni fa. Rispetto a due anni fa il titolo vale invece il 120% in più. Vero che e’ cresciuta la componente servizi, passata da circa il 15% a circa il 20% in 2 anni, ma la crescita non si può certo definire esponenziale e non arricchisce i margini. Il trimestre e’ stato positivo per tutti i produttori di hardware e software utilizzabili da casa, beneficiando del lockdown e del remote working. Canon ha venduto più stampanti a inchiostro, Microsoft e HP più laptop, come Levovo o Acer e come la stessa Apple. La vendita di telefonini ha beneficiato dei nuovi modelli a basso prezzo che tuttavia andranno a cannibalizzare i modelli più prestigiosi, col rischio di ridurre la sua percezione di telefono esclusivo e quindi di indebolire il brand. La base clienti ha superato i 900 mln di unità. Soggetti a cui possono vendere, secondo la narrativa comune, di tutto. Per adesso vendono relativamente poco, nonostante le risorse spese. I 900 mln di soggetti felici di pagare un premioper un telefono col brand Apple difficilmente possono aumentare significativamente. E’ vero che non rappresentano neanche il 14% della popolazione mondiale, ma nei paesi sviluppati, dove vi e’ la capacità di spendere molti soldi per un gadget di lusso, la penetrazione e’ già intorno al 30/35%. Storicamente quando la penetrazione si avvicina al 50%, il lusso tende a perdere il suo smalto e i margini calano.
Apple rimane sostanzialmente una società che vende prodotti di lusso nell’ambito del consumer electronics. Tratta a premio persino sulla maggioranza di società biotech o su brand come LVMH. Questo grazie non al prodotto, che ha perso la sua innovatività, ma grazie all’irresistibile brand. Apple e’ oggi una società del lusso che ha anche molto a cuore il valore del titolo. A chi dice che grazie al cash che genera può investire nel futuro, bisogna far notare che l’80% di questo cash lo spende per ricomprarsi le azioni e solo il 20% in iniziative faraoniche come Apple TV e centinaia di piccole acquisizioni. C’e chi vuole vedere in Apple un pioniere nel medtech, nei pagamenti e nello streaming video e musica. Bene, ma anche questo si realizzasse in buona parte potrebbe già essere nei prezzi. Una Visa, una Netflix, una Spotify, una Philips. A 1,8 trilioni di dollari Apple incorpora già molto. La verità e’ che il suo cash lo continua a generare con i telefonini. Se non riuscirà veramente a uscire con servizi che possono legare il cliente, a prescindere dal brand, questo comprerà i servizi di Apple fino a che avra’ un iphone e quindi fino a che trovera’ interessante il brand. Se questo perdesse appeal a favore di un nuovo entrante, Apple rischierebbe di accartocciarsi su se stessa. E vi sono qui dei rischi significativi perche’ storicamente il brand nel consumer electronics non e’ mai durato. Il titolo vale quasi 7x le vendite e 30x gli utili 2020 e 28x quelli 2021. Ha 193 bln in cash e 94 bln in debito. Se poi si normalizza il capitale circolante emerge che il cash netto e’ di “soli” 40 bln usd. La società genera circa 70 bln usd di fcf in un anno. 72 bln usd e’ il valore del suo patrimonio tangibile, in discesa rispetto all’anno precedente grazie al generoso riacquisto di azioni proprie effettuato negli ultimi 12 mesi e al pagamento dei dividendi (quasi 100 bln usd).
Amazon
L’accelerazione del commercio on-line forzata dal Covid ha beneficiato Amazon che ha registrato per la prima volta un reddito operativo per la parte on-line di 2,5 bln usd nel trimestre, non lontana da quella realizzata da AWS (cloud) di 3,3 bln. Questo nonostante i costi straordinari sostenuti. Lo svolta verso l’on-line e’ qui per restare ma la competizione sarà agguerrita. Su Amazon si trova di tutto ma sui siti specializzati vi e’ maggiore assortimento e i prezzi sono spesso più convenienti. Amazon beneficia della fiducia del consumatore, soprattutto quando deve lasciare il numero della carta di credito o ha dubbi sulla bonta’ del prodotto. La fantastica crescita di AWS e’ destinata inevitabilmente ad appiattirsi per competizione sui prezzi e saturazione del mercato. Moltiplicando X 2 l’ultimo eccezionale reddito operativo trimestrale della parte di commercio on-line (per tenere conto dei costi straordinari sostenuti per il covid), annualizzandolo e poi applicando una crescita del 40% annuo per i prossimi 5 anni, abbiamo l’operativo di 106 bln usd. Aggiungiamo 39 bln di operativo all’anno per la parte cloud (150% più dell’attuale) e abbiamo 125 bln di operativo tra 5 anni (contro i meno di 17 bln usd registrati negli ultimi 12 mesi). A oltre 12 volte questo (ottimistico) utile operativo a 5 anni (circa 15x gli utili netti), Amazon risulta scontare molto bene le opportunità e poco i rischi futuri: competizione e regolamentazione.
Telefonica
Concentrandosi sui mercati core per Telefonica (Spagna, Brasile, Germania e UK), ossia sui mercati su cui vuole rimanere, la società ha riportato un free cash flow in leggero aumento (+2,6%) nella prima metà dell’anno, nonostante una discesa dei ricavi dell’1,9% a causa del covid19 (chiusura negozi e mancate entrate legate a roaming per il crollo del turismo internazionale). Nel primo semestre 2020 la società e’ anche riuscita a ridurre il debito di 1 bln euro (ora a 37,2 bln, da 52 bln nel 2016) pur pagando quasi 500 mln di dividendi. La società ha poi lasciato intendere che il fcf aumenterà sostanzialmente nella seconda metà dell’anno, arrivando a un fcf yield intorno al 15% per il 2020.
343 mln di clienti. 4x EV/EBITDA. 11% di dividendo. 7,5x gli utili. La società ha una capitalizzazione di 18 bln euro e un debito di 37bln euro. Come anche British Telecom, se il titolo si muovesse a 6x EV/EBITDA, un multiplo ancora misero, il titolo salirebbe del 150%. Giusto per dare qualche punto di riferimento, la divisione di Telefonica in UK, O2, e’ stata valutata poche settimane fa 7,5x EBITDA da Liberty Media, nella transazione annunciata tra le due società. Masmoviles in Spagna e’ stata acquistata da un consorzio di private equity a 8x l’EBITDA. Dopo il deal con Liberty Media in UK, che vedra’ Telefonica monetizzare una parte di O2 per circa 6 bln euro, il rischio di downgrade del rating creditizio, paventato dai negativi sul titolo come un rischio importante, si e’ estremamente ridotto. Dopo i bei dati riportati giovedì la società e’ scesa nei successivi due giorni di quasi il 10%. Dall’inizio dell’anno e’ scesa di oltre il 42%. Crediamo non abbia veramente senso.
Bnp
Bnp ha riportato dati ottimi. Aumento dei ricavi dei ricavi del 4%, riduzione spese del 2%, aumento degli utili pre-accantonamenti del 14% e utile netto dopo gli accantonamenti legati al Covid in calo del 6%. Core tier one salito. Nonostante questo la banca perde il 37% da febbraio e tratta a 0,4x il patrimonio netto tangibile pur avendo un ROTE dell’8,7% nel primo semestre 2020 e normalizzato di oltre l’11% . La società ha confermato quanto detto nel primo trimestre e cioè che avrà un utile netto 2020 tra il 15 e il 20% inferiore al 2019. Questo vuol dire un utile tra 6,4 e 6,8 bln euro contro stime di mercato di 5 bln euro. Sulle sue stime BNP tratta a tra le 6,2 e le 6,6 volte gli utili netti 2020 e circa 5x gli utili netti normalizzati. La banca ha approvato un pagamento a titolo di dividendo di 3,1 euro per azioni (9%) che verrà pagato appena la BCE darà l’ok. BNP, in considerazione del suo business diversificato e della sua solidità dovrebbe almeno trattare in linea col suo ROTE normalizzato, ossia a 90 euro verso i 34 euro a cui tratta oggi.
Questa settimana ancora molti sono i risultati societari. Negli Usa si procede verso la chiusura della stagione mentre in Europa saremo a meta’ del guado. Negli USA segnaliamo AIG, Prudential e Equitable tra le assicurazioni, Disney e Gannett tra i media, Unisys e Amdocs tra i tech, FMC tra i chimici, CVS nei servizi sanitari, Darling nei prodotti alimentari, Bristol-Myers tra i farma, CommScope nel telecom equipment, Graftech nell’acciaio, Firstsolar e Sunpower nel solare, Interfor nel timber e Domtar nella carta e nei prodotti per l’igiene. In Europa Aviva, Axa, NN e Allianz nelle assicurazioni, Natixis, Hsbc, SocGen, Commerzbank, Unicredit e Intesa nel bancario, Metro nei servizi alimentari all’ingrosso, BMW e Continental nel settore automobilistico, Siemens tra gli industriali, Merck tra i farma, CTT, PostNL e Deutsche Post tra i corrieri e ITV tra i media.
Segnaliamo inoltre venerdi’ i numeri sui payrolls di luglio. I jobless claim settimanali americani hanno subito recentemente uno stop al trend di discesa, prevedibile in considerazione delle nuove tensioni legate all’aumento di casi COVID negli USA. I payrolls di luglio comunque dovrebbero indicare ancora un leggero miglioramento ma se cosi’ non fosse non sarebbe drammatico. La traiettoria rimane quella della normalizzazione. La strada e’ segnata. Quello che non e’ segnato e la velocita’, che dipende da tante, troppe variabili. Il nostro consiglio rimane quello di accumulare titoli value che mai sono stati cosi’ attraenti nella storia, in termini assoluti e relativi. Tra i titoli esposti a viaggi e turismo che trattano ormai a valutazioni opzionali, consigliamo di accumulare un piccolo portafoglio diversificato con i leader con i bilanci piu’ solidi, in vista dell’uscita dalla fase Covid.