Addio alla Nicchia “Neglected Luxury”
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La Nicchia era presente al lancio del fondo Asian Niches nel febbraio 2019 e ha sempre avuto un peso all’interno del fondo tra il 3 e il 5%, con un‘allocazione massima fissata al 5%. Insieme alla Nicchia Internet Victims, rappresenta la meno asiatica delle Nicchie del fondo Asian Niches.
La Nicchia è stata particolarmente volatile e ha performato appena decentemente dalla partenza, registrando una performance del 14%.
La Nicchia era composta alla partenza da cinque sotto-Nicchie:
- Viaggi di lusso
- Beauty and Personal care
- Fashion&Watches
- Auto di lusso
- Champagne e vini prestigiosi
I Viaggi di lusso hanno avuto un andamento molto altalenante a causa di Covid e della guerra. La piccola posizione nella linea di crociere Carnival ha purtroppo perso soldi. Tuttavia, il titolo qui più pesato, il gruppo Mandarin Oriental, un nome che i lettori più viziati conosceranno bene, ha ben fatto grazie al brand e al patrimonio immobiliare.
Beauty&Personal care era composta da un unico titolo, Nu Skin, una dinamica società multilevel con un prodotto molto alto e innovativo. Crediamo che la società possa fare ancora bene, ma abbiamo preso il modesto profitto, reso un po’ meno modesto dalla forza del dollaro.
Su Fashion&Watches abbiamo fatto qualche soldo comprando sulla debolezza Hugo Boss e mantenendo e incrementando Swatch Group.
Le Auto di Lusso, sebbene molto volatili, hanno contribuito a gran parte dell’upside della Nicchia. Società come Daimler, Volkswagen, Harley Davidson e BMW hanno molto ben performato. Qui abbiamo preso profitto e su queste società manteniamo una piccola esposizione attraverso il fondo Electric Mobility Niches. Questi titoli, sebbene ora fuori momentum, rimangono estremamente value. E ci servono indirettamente anche a ricordare come la bolla growth sia ancora lungi dall’essere rientrata.
A questo riguardo ci permettiamo una digressione fuori tema. Infatti, i dati annuali del beniamino cinese della mobilità elettrica, NIO (ma potremmo dire Xpeng o Lucid o altri), hanno coinciso con quelli di BMW. I due titoli trattano, rispettivamente, al 70% e il 20% dai massimi, toccati per NIO all’inizio del 2021 e per BMW all’inizio del 2022. Sui massimi NIO valeva circa 100 bln USD e BMW 67 bln USD. Oggi le due società valgono rispettivamente 35 bln USD e 54 bln USD. Per chi ama comprare i titoli che sottoperformano Nio sembrerebbe il player su cui scommettere… E infatti troviamo studi di analisti con titoli come “NIO down 66% with supercharged growth, time to buy”. Wow!
Guardiamo i risultati delle due società.
- Nio ha venduto nel 2021 92k veicoli (chiaramente tutti elettrici) con un incremento del 109% rispetto al 2020. BMW ha venduto 328k veicoli elettrificati nel 2021 (BEV+PHEV, di cui BEV 108k), con un incremento del 70% rispetto al 2020. Nio cresce di più, ma BMW vende circa 3x il numero di veicoli elettrificati di NIO, e 1x quelli elettrici puri. Direi un punto per BMW.
- BMW vende anche veicoli non elettrificati. Non durerà per sempre, ma intanto li vende e ci fa soldi. Compreso questi, BMW ha venduto oltre 2,5 milioni di veicoli (+200k moto) nel 2021. Un altro punto per BMW.
- Nio ha realizzato vendite per 5.2 bln USD nel 2021, con una crescita del 118.5% rispetto al precedente anno. La crescita di BMW è molto più bassa, 12,4%, ma con un fatturato circa 24 volte maggiore (circa 120 bln USD). Un altro punto per BMW.
- Nio ha realizzato perdite pre-tasse per il 2021 per circa 630 mln USD, e per gli azionisti ordinari la perdita è stata addirittura di 1,6 bln USD. BMW ha realizzato un profitto pre-tasse per circa 18 bln USD. Un altro punticino per BMW.
- Nio ha net cash (industrial) a fine 2021 per circa 3 bln USD. BMW ha net industrial cash per circa 28 bln USD (quasi il 50% della market cap). Credo ancora meglio BMW.
- Nio investe molto in R&D e per il 2021 ha investito 720 mln USD. Anche BMW investe molto, e per il 2021 ha investito 8.5 bln USD, 11x quello che ha investito NIO. Un altro punto.
- Nio FCF 2021 dovrebbe essere negativo per 1 BLN USD, mentre quello di BMW dovrebbe essere positivo per 8 BLN USD (e nel 2022 potrebbe superare i 10 BLN USD). Ancora un punto
Volendo valutare Nio come la divisione EV di BMW, nonostante questa venda molte meno auto, e ipotizzando che tale divisione di BMW non faccia utili come Nio, ne deriva che il resto di BMW sarebbe valutata 19 BLN USD, ossia un P/E di meno di 1,5x. O Nio è valutata troppo oppure bisogna vendere la casa e il fondo pensione per comprare azioni BMW!!!
Non vogliamo qui spingere BMW (comunque bellissima società), ma focalizzare l’attenzione sulla valutazione di NIO, Xpeng, Lucid etc che rimangono terreno per gli short. Per coloro che vorrebbero invece andare long, magari sulla considerazione che questi titoli hanno perso il 70% dai massimi, consigliamo di lasciar perdere e piuttosto pensare ad investire in un prodotto come lo champagne, sì lo champagne, sia attraverso azioni dei maggiori player che attraverso il prodotto stesso. L’ETC sullo champagne non esiste ancora, tuttavia a qualche ora di auto le cantine non mancano… E può risultare un modo molto più gioioso per godersi questa primavera iniziata già male, piuttosto che sperare in improbabili recuperi di Nio e company.
Passando dalla cicoria al risotto, Tesla rimane una bellissima casa automobilistica e i suoi prodotti ci fanno impazzire. La società vedrà la sua market share crescere ancora molto e il modello Y è una macchina strepitosa e sarà un super successo. Qui il rischio di fallimento non esiste, tuttavia il rischio di derating del titolo è enorme. La società, a nostro avviso, sarebbe cara anche se valesse solo il 30% delle attuali valutazioni. Anche per gli azionisti di Tesla consigliamo di valutare di spendere almeno parte delle loro plusvalenze in champagne. Ma come sempre accade, chi è stato tanto bravo per tenerle fino a qui difficilmente guarda i fondamentali, e non prenderà profitto se non in una fase di panico.
L’analisi fondamentale nulla può fare contro il momentum e l’euforia. Queste agiscono come un incantesimo che protegge la fortezza contro forze apparentemente insormontabili, come il buon senso. Tuttavia, quando l’incantesimo si dissolve, nulla può essere più fatto per difendere la fortezza. A quel punto, la realtà trova, implacabilmente, la sua impietosa vendetta. Ben oltre quello che si può immaginare. Non c’è riparo. Non vi saranno superstiti. Addio Gamestop, addio meme stock, addio a tutto cio’ che non abbia un sottostante vero. La sveglia ha suonato. È ora di alzarsi, lavarsi, vestirsi e tornare nel mondo reale. Affascinante comunque, soprattutto se vi è dello champagne a portata di mano…
Arriviamo quindi alla sotto-Nicchia che negativamente ha più pesato sulle performance della Nicchia Neglected Luxury, proprio quella dello Champagne. Non nascondiamo che questa, proprio questa, sia la sotto-Nicchia a cui siamo più affezionati. In questa sotto-Nicchia ha ben performato Masi, che detenevamo come esponente dei vini di prestigio, in particolare il ciliegioso amarone. Invece, le tre società quotate esposte fortemente allo champagne si sono mal comportate (il più grosso player è LVMH, ma la società è quasi completamente dipendente dalle “eleganti” borse Louis Vuitton, mentre la parte champagne è marginale). Rimanendo estremamente positivi sul tema, creiamo oggi la Nicchia Champagne, una Nicchia puramente focalizzata su queste società dello champagne, dedicando a loro il 2,5% del fondo. Il restante 2,5% liberato con la chiusura della Nicchia Neglected Luxury lo aggiungiamo alla Nicchia Japanese Orphan Companies, le microsocietà giapponesi non coperte dagli analisti, quotate da decenni, piene di liquidità e con utili e dividendi che valgono una canzone. Aspettando che il mondo si ricordi di loro. Ne abbiamo già circa cento sul fondo Asian Niches e contiamo di aumentarne il numero. Sono tutte società con cui facciamo engagement diretto col management e per cui produciamo un’analisi ESG e una SDG.
Champagne, il litio elegante
Non c’è dubbio che lo champagne sia elegante, frizzante e a volte fruttato. Tuttavia, in questi ultimi anni, non sono queste le qualità per cui viene ricordato dai suoi poveri investitori, quanto piuttosto la sensazione di secchezza e di acidità che ha lasciato in fondo al loro palato, e nei loro portafogli.
Le società che producono champagne, come alcuni dei lettori ben sanno, possiedono uno stato patrimoniale particolare. Tra le attività hanno due poste grassottelle. La prima è costituita dalle attività materiali, in particolare le terre e le vigne. Ma anche le attrezzature per processare l’uva in vino e le enormi (e antiche) cantine per farlo invecchiare. La seconda è costituita proprio dal magazzino, ovvero le bottiglie che stanno fermentando (semilavorati) e quelle in invecchiamento. Dall’altra parte, tra le passività, abbiamo il debito, normalmente enorme, che copre il magazzino.
Il debito è un debito bancario, con finanziamenti di lungo a tasso fisso e variabile. Questo solo gradualmente risentirà dell’aumento dei tassi. Il magazzino inevitabilmente beneficia dell’inflazione, in quanto questo è stato prodotto ben prima che l’inflazione emergesse. I terreni, le vigne e i fabbricati rappresentano asset reali, naturale rifugio contro l’inflazione.
Come avemmo l’occasione di spiegare, lo champagne paga da ormai 15 anni un allineamento diabolico che si verificò nel 2007. In quell’anno l’economia volava e lo champagne scrosciava. Tuttavia, il numero di bottiglie producibili era allora, come ora, limitato da due fattori: i terreni di denominazione del prodotto (appunto lo Champagne) e il rendimento per ettaro. Entrambi questi fattori sono determinati normativamente e non possono essere superati. Nel 2007 il consumo di champagne sembrava destinato a salire astronomicamente e tale consumo, incontrando un numero finito di bottiglie producibili, inflazionò drammaticamente i prezzi, rischiando di privare alcuni transalpini della preziosa bevanda (i francesi consumano circa il 50% dello champagne). Questo senza neanche tenere in considerazione i mercati asiatici che gradualmente si stavano aprendo al prodotto, fino ad allora osteggiato per la sua secchezza (i cinesi amano gli alcolici dolciastri). I regolamenti vennero quindi cambiati, e il rendimento per ettaro alzato e la zona di denominazione allargata. Da un massimo di 300 milioni di bottiglie si potevano ora produrre 340 milioni di bottiglie di champagne all’anno. Poi ci fu la crisi, lo champagne non scrosciò più sulle tavole, ma si impilò nelle cantine. I prezzi dello champagne crollarono insieme a quelli dei titoli dei produttori, e fu il buio….
…fino al 2020.
Nel 2020 il crollo di consumo di champagne fu notevole a causa del Covid. Questo portò il governo a proteggere l’industria dalle perdite legate al Covid. Questo settore fu quindi meno stimolato a produrre per il 2021, e a questo si aggiunse anche il tempo, assai sfavorevole della stagione 2019/2020, e le limitazioni legate al Covid per l’utilizzo di personale. Tuttavia, nel 2021 la domanda rimbalzò a 322 milioni di bottiglie, superando i livelli del 2019, ma con un livello di produzione esigua e la necessità di andare ad intaccare le scorte. Nonostante la guerra in Ucraina, la ripresa del turismo dovrebbe ora aggiungere domanda. Intanto, il processo di lenta penetrazione dello champagne in Asia continua, promosso dagli investimenti in marketing di grandi maison come quelle detenute da LVMH (Moet&Chandon, Veuve Clicquot, Dom Perignon, Ruinart, Krug, Mercier).
Da evidenziare come:
- Lo champagne ha una leva operativa sbalorditiva. Un aumento del prezzo del 10% può triplicare i profitti, visto che si parte da una marginalità esigua. Non essendo lontani dal massimo di bottiglie producibili, crediamo che ci possa essere spazio per un aumento significativo dei prezzi. Il primo passo potrebbe essere l’eliminazione delle campagne di vendita a prezzi scontati a cui siamo abituati.
- Le società dello champagne trattano al patrimonio netto tangibile o sotto. Tuttavia, se aggiustiamo tale patrimonio per il prezzo di vendita della merce finita negli enormi magazzini il rapporto prezzo/patrimonio netto tangibile va assai sotto la parità.
- Se poi consideriamo che il valore dei terreni, delle vigne e degli immobili al netto degli ammortamenti è pari o maggiore al patrimonio netto tangibile, i titoli rappresentano un chiaro asset antinflattivo.
Oggi è possibile comprare hard asset come lo champagne, a 10x gli utili, con utili in crescita, e P/TBV sotto 0,5x, in periodo di inflazione…
Con un po’ di pazienza, di litio, la risorsa del momento, ne potremo trovare a iosa. Lo champagne e’ limitato, oltre una certa quantita’ non si puo’ andare. Inoltre, a differenza del litio, lo champagne e’ buono e le societa’ che lo producono oggi le porti via con poco.
L’upside qui è sostanziale. Accettiamo il fatto che per molti dei lettori noi abbiamo perso di credibilità visto che aspettiamo la ripresa dello champagne da anni. Ribattiamo che proprio perché lo seguiamo da anni come dei babbioni possiamo oggi meglio percepire che siamo vicini all’inflection point. Wishful thinking? Maybe yes, will see..
En attendant, sante’!