IL BRUTTO, IL BUONO E IL CATTIVO
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La stagflazione (IL BRUTTO)
Come avevamo anticipato, la recessione negli USA e’ gia’ realta’. I dati sui consumi rilasciati pochi giorni fa lo confermano. I consumi americani sono scesi mese su mese dello 0,4% in termini reali a maggio, mentre il dato di aprile e’ stato rivisto da un +0,7% ad un +0,3%. Un dato leggermente negativo a giugno e’ probabile. La fiducia dei consumatori americani e’ ai minimi da 16 mesi. E questo non e’ negativo. Continuiamo a ritenere l’attuale recessione solo una recessione tecnica, creata dal crollo del mercato immobiliare, del mercato mobiliare (azioni ed obbligazioni), delle crypto valute, dall’eccesso di magazzini accumulati durante i problemi della supply chain e dalla stampa. Solo tra azioni e crypto negli USA il valore degli investimenti e’ sceso di 11 trilioni di USD, una cifra enorme (circa il 10% dei risparmi degli americani). E’ una recessione necessaria per evitare che l’inflazione diventi strutturale nel sistema. Ma e’ passeggera e probabilmente limitata a due/tre trimestri. Visione la nostra assolutamente molto positiva e assolutamente non condivisa dal mercato.
Sebbene ogni ciclo sia diverso da un altro, cosa succede al mercato azionario quando si alzano i tassi? Di solito sale. Questo perche’ l’economia sottostante e’ chiaramente forte, motivo per cui si alzano i tassi. Un rialzo significativo dei tassi porta tuttavia piu’ avanti ad una fase di rallentamento dell’economia che, a seconda dei fondamentali, puo’ portare ad un hard o soft landing, ossia ad una forte recessione o ad un semplice smorzamento degli eccessi. Ed e’ per tale motivo che gli economisti prevedono una recessione nel 2023, alla fine di una serie di rialzi che porterebbero, storicamente, ad un rallentamento importante. Perche’ invece questa volta gia’ dal primo rialzo della Fed di marzo il mercato non fa che scendere? Il mercato scende sia perche’ vi era una bolla tech di dimensioni poderose e poi per le paure legate alle ripercussioni legate al rientro della grande espansione monetaria durata un decennio.
Noi crediamo che dopo l’attuale recessione tecnica legata alla salita dei tassi e al crollo del mercato una recessione nel 2023 difficilmente vi sara’. Perche’? 1) Il mercato immobiliare, residenziale e commerciale, non e’ in bolla. Lo sbilancio tra domanda e offerta e’ sostanziale a seguito di anni di sotto-investimenti legati alla scarsita’ di finanziamenti bancari su questo settore. La fine della pandemia portera’ alla ripresa della domanda per uffici e confermera’ la casa come luogo di lavoro. L’inflazione rappresenta inoltre un altro supporto per questa asset class 2) I consumi rappresentano negli USA circa ¾ del PIL. Oggi la dinamica dei consumi e’ negativa come e’ naturale sia dopo il crollo dei mercati e le paure di recessione. Tuttavia, il mercato del lavoro e’ estremamente forte e questo rappresenta la spina dorsale dei consumi. La rilocalizzazione di molte industrie manifatturiere manterra’ la piena occupazione e, insieme a questa, una dinamica salariale positiva in termini reali. I bond finalmente forniscono rendimenti interessanti per i risparmiatori. Il mercato azionario ha corretto dalla bolla tech e la parte tradizionale risulta estremamente attraente e in un futuro non lontano riprendera’ gradualmente ad apprezzarsi. Questo ci dice che i consumi saranno solidi nel 2023, in ripresa rispetto al 2022 3) Gli utili societari beneficeranno nominalmente dell’inflazione, assorbendo eventuali pressioni inevitabili durante una fase di aggiustamento dei tassi. Inoltre molte industrie, come la finanza, gli armamenti, i carburanti fossili, e tutto cio’ che e’ legato ad infrastrutture e transizione energetica, crescera’ nei prossimi 12/24 mesi 4) Si e’ passati negli USA da un atteggiamento di compiacenza verso l’inflazione ad un atteggiamento di forte timore. Tanto che ormai non si parla piu’ di recessione ma di stagflazione, qualcosa che non si vede da 40 anni, in ambiti completamente diversi (Volcker alla FED e Ronald Reagan alla Casa Bianca). Oggi tuttavia l’inflazione sta scendendo e gradualmente nelle prossime settimane e mesi inizieremo a vederlo nei numeri. La discesa delle materie prime di questi giorni e il graduale sblocco della supply chain vi contribuiranno. L’overstocking creato proprio per ovviare a questi problemi nella supply chain portera’ a campagne di sconto sostanziali. Il ciclo di rialzo dei tassi sara’ potente ma assolutamente gestibile e crediamo che le attuali aspettative della FED del 3,8% per il 2023 non verranno riviste al rialzo ma potrebbero essere anche ritoccate leggermente al ribasso in un futuro non lontano (il 3,4% di fine 2022
Jamie Dimon, CEO della banca piu’ importante al mondo e acuto osservatore che raramente dice una parola fuori posto, ha affermato qualche settimana fa che vede una tempesta arrivare. Non sa se sara’ grande o piccola e le ripercussioni che avra’, ma la vede arrivare. Da dove nasce questa profezia? Molto ha a che fare con la velocita’ con cui la FED ha deciso di alzare i tassi (dall’attuale 1,75% al 3,4% a fine 2022 e 3,8% a fine 2023) e al QT (quantitative tightening, ossia al mancato reinvestimento dei 9 trilioni di bond in pancia alla FED a mano a mano che scadono) che e’ appena iniziato negli USA. Questo inevitabilmente leva molta liquidita’ dal tavolo in poco tempo. Quindi parte dei denari destinati ad investimenti immobiliari o azionari finira’ inevitabilmente per comprare bond ad (apparentemente) allettanti rendimenti, spezzando le gambe alla speculazione e nel breve periodo deprimendo il mercato immobiliare ed azionario. Inoltre il mercato anticipa l’enorme volatilita’ che questi eventi possono creare. Le conseguenze di queste manovre sono infatti sempre difficili da definire, in particolare dopo gli eventi del 2019, l’ultima volta che la FED inizio’ un QT. A quel tempo le riserve delle banche crollarono e i tassi sui REPO andarono alle stelle. E’ quindi crediamo normale ci sia un po’ di apprensione da parte del sistema bancario. Tuttavia, oggi il sistema bancario e’ piu’ preparato (e lo stesso Dimon afferma nella stessa intervista che le banche sono solide e pronte) e la FED ha un migliore controllo della situazione con adeguati set up per evitare il ripetersi delle passate tensioni.
Elon Musk afferma di essere super negativo sull’economia e che ridurra’ di 10k unita’ la forza lavoro. Quale imprenditore non lo e’ a breve dopo il recente crollo dei mercati e il rialzo dei tassi? Infatti gli USA sono in recessione. Tuttavia, ricordiamoci che Tesla ha assunto come un folle ed e’ giusto approfittare dei timori sull’economia per lasciare a casa i lavoratori meno utili nelle location meno efficienti. Ricordiamo che 10k lavoratori licenziati equivalgono a meno di un terzo delle assunzioni nette di Tesla del 2021.
Intanto Warren Buffet dall’inizio dell’anno ha comprato circa 60 bln USD in azioni, tra cui Paramount, Citigroup e Chevron.
In un articolo sul NYT nel week end Paul Krugman (Wonking out: taking the flation out of stagflation) anticipa che, a seguito degli ultimi dati economici, la Fed potrebbe rivedere presto al ribasso la velocita’ di rialzo dei tassi.
L’Economist cerca di rispondere all’isterismo di coloro che vedono oggi un “Volcker moment”, ossia la necessita’ di alzare enormemente i tassi per evitare che l’inflazione entri nella logica delle persone. Il settimanale inglese fa giustamente notare che quando Volcker intervenne duramente sui tassi, gettando il paese in recessione, l’inflazione era ormai da dieci anni rampante negli USA. Oggi siamo ben lontani da considerare l’inflazione o la super inflazione un compagno di viaggio.
Infine Lawrence Summer, in una intervista nel week end, rivede al ribasso le sue aspettative sull’inflazione (fu uno dei primi nel 2021 ad anticipare un’ondata inflazionistica e ad opporsi al piano fiscale Biden) e sul rialzo dei tassi, alla luce della frenata dell’economia USA nei primi due trimestri dell’anno.
Per essere equilibrati riportiamo anche due interessanti, leggermente meno recenti e molto negativi podcast di Greg Jensen, Co-CIO di Bridgewater. Lui si aspetta stagflazione prolungata negli USA e crede che l’inflazione rimanga qui fuori controllo per molto tempo. Tuttavia la tesi a nostro avviso non viene sostanziata in maniera appropriata. Consiglia di investire in asset cheap che producono cash flow (e su questo non possiamo che concordare) e che possono beneficiare dall’inflazione mentre consigliano di stare lontano da tecnologia (ancora d’accordo). Consiglia, inoltre, di diversificare dagli USA che ritengono prezzata per la perfezione, investendo nel resto del mondo (anche d’accordo). E’ anche negativo sull’Europa dove vede una recessione ancora piu’ pesante di quella che vede negli USA (che come detto noi non vediamo ma, anche ci fosse, e’ comunque gia’ prezzata). Qui Bridgewater ha shortato 27 titoli dell’eurostoxx50 per circa 15 bln USD (compreso molti titoli cheap e che producono molto cash flow..). Invece e’ da diverso tempo molto positivi sulla Cina e continuano ad esserlo anche dopo le grosse perdite ed i recenti eventi geopolitici. Sul dollaro sono negativi e anticipano un lungo bear market appena la FED si avvicina alla fine del ciclo rialzista. Rimangono estremamente negativi sui corporate bond. In generale, la nostra opinion e’ che vedono una fase delicata sui mercati, con volatilita’ e cambiamenti radicali e scommettono su qualche incidente, pronti come sempre a ricoprirsi velocemente se sbagliano. Insomma ci provano ma ricordiamoci che non sono i soli e c’e’ moltissimo short oggi sui mercati che prima o poi dovra’ ricoprirsi. Qui i link Bridgewater Co-CIO Jensen on Investing Outlook – YouTube Bridgewater Co-CIO Jensen on Markets, BOJ Policy, Dollar – YouTube
In Europa valgono molte delle tematiche presentate per il mercato americano. Con alcuni distinguo: 1) L’economia europea non beneficia ma e’ danneggiata dall’attuale prezzo degli idrocarburi 2) In Europa il premio per il rischio legato al conflitto ucraino e’ significativamente piu’ alto che negli USA (e, al contempo, la fine del conflitto portera’ alle azioni di questa regione un beneficio molto piu’ significativo) 3) In Europa le pressioni inflazionistiche sono piu’ basse in quanto gli stimoli fiscali sono stati maggiormente spalmati rispetto agli USA. I futuri stimoli fiscali continueranno a sostenere l’economia e il mercato del lavoro nella seconda parte del 2022 e nel 2023 4) In Europa vi e’ una minore dipendenza dei consumi dai mercati finanziari, fatto che crediamo evitera’ una recessione tecnica nel 2022.
Come negli USA, non ci aspettiamo una recessione in Europa nel 2023 anche in caso di taglio del gas russo. Parlando con le grosse societa’ industriali tedesche non percepiamo particolari timori. Chiaramente le previsioni sono fatte per essere smentite e chiaramente gli sviluppi della guerra in Ucraina e’ determinante per la regione. Tuttavia, e’ importante capire che ora il mercato si aspetta una recessione sia in Europa che negli USA nel 2023. I grandi investimenti infrastrutturali, la riapertura post-covid, i risparmi accumulati durante la pandemia e un mercato del lavoro forte sono incompatibili con una recessione a nostro avviso, a meno che altri nuovi eventi sopraggiungano. Tuttavia, anche vi fosse, dovrebbe essere lieve ed e’ oggi piu’ che prezzata dal mercato, con i ciclici che viaggiano in molti caso ai livelli del buco del marzo 2020. Ribadiamo che e’ ora il momento di comprare i ciclici, tanto osannati (e spesso cari) nel 2021, in vista della rivoluzione infrastrutturale davanti a noi e che trattano ora a livelli estremamente bassi. Anticipare e diversificare e’ essenziale. Qui sotto le previsioni di crescita PIL Berenberg per il 2023 in maggio e in giugno che fanno capire come le previsioni di crescita tassi USA e la discesa dei mercati abbiano stravolto la percezione degli analisti. Crediamo tuttavia che le nuove previsioni siano altrettanto inattendibili quanto le precedenti.
Repressione finanziaria (IL BUONO)
Stiamo vivendo una fase economica storica. Aree geografiche che, per varie ragioni, sono state oggetto di stagnazione economica e deflazione, come Europa e Giappone, stanno ora per intraprendere un viaggio che dovrebbe riportarle alla crescita. E’ un esperimento ma in ballo c’e’ cosi’ tanto che tutti gli attori faranno in modo che riesca.
Dal dopo guerra fino alla fine degli anni 70 gran parte del mondo occidentale ha ridotto il debito di guerra grazie alla cosidetta repressione finanziaria, ossia attraverso un livello di tassi di interesse leggermente inferiore all’inflazione, ottenuti grazie all’acquisto del debito stesso da parte delle banche. Ridurre il debito in tale modo e’ politicamente piu’ accettabile che aumentare le tasse o ridurre i servizi pubblici. Il tasso reale dei titoli governativi a breve americani e’ stato negativo dal 1945 al 1980. Chi avesse investito in obbligazioni inglesi tra il 1945 e il 1960 avrebbe perso oltre1/3 del proprio potere di acquisto.
In realta’ la repressione finanziaria e’ presente in moltissime aree sin dalla grande crisi finanziaria del 2008, ma essendo l’inflazione vicino a zero gli effetti sulla riduzione del debito sono stati insignificanti. Ora l’inflazione e’ ritornata e, grazie a trend strutturali come la deglobalizzazione e la transizione energetica, non rientrera’ completamente. Attraverso un livello di inflazione costante la repressione finanziaria portera’ i suoi risultati. E rappresenta la risposta, l’unica risposta possibile per Giappone ed Europa. In un clima di repressione finanziaria il creditore perde in termini reali ma il sistema in cui opera cresce e si sviluppa, bilanciando tali perdite attraverso guadagni sulla parte azionaria e immobiliare. In tale contesto sara’ appropriato stare lontano dai governativi e investire in azioni e nel settore immobiliare, e non solo nel residenziale dei centri cittadini ma anche nel commerciale e nelle periferie, aree che la mancanza di crescita ha spesso ridotto in dormitori semi abbandonati. Riportare la crescita economica implica stimolare il trend demografico, attraverso l’accelerazione del processo di immigrazione necessario per espandere consumi e produzione.
In un editoriale del week end Seth Carpenter, global chief economist a Morgan Stanley, afferma che viste le previsioni sui tassi rilasciate dal Fed Market Committee si evince che vi e’ la disponibilita’ ad accettare un’inflazione piu’ alta del dovuto per un esteso periodo di tempo. La BCE sembra ancora piu’ in quel campo. Il Giappone e’ oltre, continuando a monetizzare il debito pubblico e mantenendo i tassi a zero. Quando l’inflazione si fara’ finalmente sentire vigorosamente anche in Giappone non ci sorprenderemmo se il debito in mano alla BOJ (circa il 35%) venisse cancellato, creando le premesse per l’ultima poderosa gamba di svalutazione dello yen e la ripresa dell’economia giapponese.
Qui il link ad un interessante podcast di del prof. Russell Napier, dove parla di repressione finanziaria (Professor Russell Napier: The equity index fund is a dangerous product – YouTube
Guerra (IL CATTIVO)
La Russia ha conquistato l’ultima citta del Luhansk, una delle due regioni che compongono il Donbass, l’area del paese che Putin ha promesso di “liberare”. Questa rappresenta una notevole vittoria per Putin che ha bisogno di dimostrare i suoi successi al fine di bilanciare le forti perdite e il crescente discontento interno. Allo stesso tempo le nuove postazioni mobili di lancio HIMARS fornite dagli USA all’Ucraina stanno iniziando a produrre effetti, distruggendo depositi di armi e centri di comando russi con grande precisione. Altre arriveranno nelle prossime settimane. Apparentemente la guerra non puo’ finire fino a che tutto il Donbass non sara’ in mano russa. Tuttavia, diversi commentatori sembrano indicare che la Russia, dopo l’ultimo drammatico colpo di reni per conquistare il Luhansk, che ha portato enormi perdite all’esercito, abbia ora difficolta’ a procedere ulteriormente e, allo stesso tempo, a tenere il controllo dei territori gia’ conquistati. I missili russi lanciati a casaccio sul resto dell’Ucraina possono indicare questo. Tutto puo’ ancora succedere. La Russia puo’ ora avere interesse a sedersi per trattare, mantenendo parte del Donbass e rilasciando altri territori. L’Ucraina vorra’ sicuramente continuare la guerra per riprendersi i territori occupati e chiedere i danni. Il mondo occidentale ha intenzione di penalizzare la Russia e il regime di Putin ma, al contempo e senza chiaramente ammetterlo, di evitare rischi legati a l’utilizzo di ordigni nucleari tattici da parte della Russia. Quindi fornira’ le armi necessarie per bilanciare le forze in campo, nulla piu’. Oggi il consenso e’ per una guerra ancora molto lunga. E crediamo questa sia in effetti una possibilita’, gia’ ben digerita dal mercato. Tuttavia, non escludiamo che nel corso delle prossime settimane le cose possano cambiare. Il timore dell’Ucraina del lancio di atomiche tattiche su Kiev puo’ ammorbidire le loro posizioni. Infatti la Russia potrebbe usare i recenti attacchi missilistici ucraini verso depositi in territorio russo per minacciare ripercussioni missilistiche sulla capitale e eventualmente proprio l’uso di atomiche tattiche. Contro questo l’occidente non ha armi, non volendo in nessun caso rischiare una guerra atomica. Come sempre, in mancanza di un chiaro vincitore, bisogna che le parti abbiano entrambe molto ancora da perdere per raggiungere il tavolo dei negoziati. Crediamo che non siamo distanti da quel punto.
Ogni notizia di apertura negoziati avrebbe un significativo impatto positivo sui mercati mondiali, in particolare su quelli europei. Inoltre, porterebbe ad una riduzione dei prezzi del gas e del petrolio, allentando i timori inflazionistici.
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