Buona parte dei gestori affermano di seguire in base all’analisi fondamentale e di essere “value investor” quando invece solo una parte limitata lo è realmente. Mantenere i modelli delle società su un foglio elettronico non vuol dire basarsi sull’analisi fondamentale. Molti di essi, infatti, sono pronti a comprare o vendere su indiscrezioni o semplicemente sulla direzione del mercato. Molti sono parecchio allineati al benchmark dei prodotti che gestiscono. Noi siamo gestori molto attivi e value che basano il loro lavoro sull’analisi fondamentale. Cerchiamo di identificare nicchie o aziende fortemente sottovalutate e sfruttare queste situazioni. Facciamo arbitraggio nel medio periodo. Non ci aspettiamo di comprare la prossima Amazon, dato che troviamo estremamente difficile comprendere appieno le molte variabili che possono decidere il futuro di una growth company, inclusa la fortuna. Tuttavia, sappiamo leggere i bilanci e siamo appassionati nel trovare valore in elementi come il franchise, il magazzino, il brand, nelle attività materiali e immateriali.
Siamo deep value e contrarian, una specie in via di estinzione. Abbiamo tanta passione nell’individuare nicchie di mercato trascurate in giro per il mondo. Cerchiamo di anticipare trend quando il profilo costo/beneficio è attraente. Abbiamo il coraggio di essere differenti. E siamo estremamente chiari riguardo al nostro approccio. Infatti, al fine di cogliere i frutti di questa impostazione, dobbiamo essere trasparenti con i nostri clienti e comunicare continuamente, spiegare come valutiamo una società o una nicchia di mercato, mostrare cosa vediamo che la maggior parte del mercato ancora non distingue. Consideriamo la Borsa come un’opportunità d’investimento nell’economia reale, in società più che in titoli. E con convinzione sosteniamo la supremazia dei bilanci sui titoli dei giornali.
In Niche AM abbiamo una visione realmente globale. Avendo gestito per quindici anni prodotti globali o prodotti specifici su Europa, Asia, Usa e Paesi emergenti, con ottimi risultati, dimostriamo non solo che conosciamo le diverse parti del mondo, ma che grazie a ciò, in un mondo sempre più interconnesso, possiamo sfruttare le opportunità che emergono globalmente.
Sebbene si leggano cose diverse nei prospetti che si devono firmare prima di fare un investimento, il capital market è basato sul breve termine. E di conseguenza l’approccio momentum ovviamente prevale. C’è una chiara logica in questo. I portfolio manager sono valutati e pagati per le performance che producono ogni anno, se non semestralmente. Ne deriva che questi possono facilmente perdere i prodotti che gestiscono (o vedere le loro masse ridursi notevolmente) e così i relativi benefici. Molti clienti scelgono di apportare o disinvestire denari in base ai risultati dell’anno precedente. I risk manager usano modelli che spingono a ridurre il rischio quando i mercati sono attraenti e ad aumentarlo quando questi sono cari e sovraffollati. I numerosi canali di informazione che abbiamo oggi tendono a sensazionalizzare le informazioni per avere più audience o, nel caso della finanza, per aumentare la movimentazione delle attività finanziarie. Questo rende l’investitore più emotivo. La globalizzazione dei mercati finanziari aumenta il numero dei partecipanti e la liquidità, amplificando il fenomeno. Il risultato finale è che aumentano le opportunità per contrarian investor con un approccio fondamentale e disciplinato. Chi può studiare approfonditamente una società o una nicchia di mercato, sarà poi in grado di gestire le fasi difficili, senza subire i bruschi comportamenti del mercato nel breve periodo, ma al contrario di sfruttarli. Tuttavia, il portfolio manager così come il cliente devono essere pazienti, opportunistici e permettere all’idea di investimento che il mercato ancora non prezza, di svilupparsi.